Volutamente, non parto mai con una
nuova lettura sapendo di che si tratta. Voglio lasciarmi
sorprendere, se mai dopo tanto esercizio si riuscisse ancora a
farmela. L'innocenza da lettrice si infranse anni fa sugli scogli di
Fëdor Dostoevskij.
SPORTELLO 12: Un incipit di quelli
fulminanti che ti fanno venir voglia di leggere tutto&subito ma
che anche ti dipingono una protagonista così puntigliosa da annotare
tutte le sue potenziali azioni prioritariamente elencate sulla
Moleskine da cult scrivano, a ribadire uno splendido concetto da
scrittore: “il coraggio e la follia sono due lati della stessa
medaglia”. Poi scopro quasi delusa che è solo un racconto di
tanti. E che BORIS E LO STRANO CASO DEL MAIALE GIALLO è solo il
titolo di un racconto di tanti.
TANGO, AMORE, CACIO E PEPE: “Si
può amare con il silenzio, con una finta disattenzione, con una
distanza che è più di un abbraccio?” Commossa io e non vi
dico perché. Dovete leggerlo.
PERSO MA NON BATTUTO, ovvero un
racconto fondato su alternanza e rimandi di due punti di vista. Sul
dubbio: “Perché se poni la domanda giusta, eh... Dopo sei
fregato. Mi concentro. Poi la sento arrivare. Sono un tutt'uno.
Essenza e forma, sostanza e idea, contenuto e domanda. ** Perché
avere paura?”
DI GIUNCHI E DI GINESTRE: Tra rimandi
letterari e dotte citazioni, questo racconto riesce ad inglobare la
disperata dispersione delle anime di vecchi con Alzheimer e di un
giovane, Andrea, che si trova assieme a loro perché orfano. “...
li porterei anche a Santina, Antonio, Giovanni, Francesca, Nina,
Silvana, Piero, Annina, Giuseppe, Ferdinando, Rosaria, Anita per
vedere l'effetto che fa la vita che va via.” Sembra
di sentire una canzone di Enzo Jannacci, in versione malinconica.
Poi si inaugura una nuova serie di
novelle a sfondo carcerario, fatte di umanità strappate e amicizie
inconsuete.
Qual è il massimo comune denominatore
di ospedali, caserme, scuole e galere (e io aggiungerei banche e
aeroporti, se negli ultimi anni non avessero deciso di renderli più
“amichevoli”)? Se lo chiede la Iannetti in L'ABITUDINE ARRIVA
SEMPRE PUNTUALE. Individua tanti elementi di disagio e li descrive
rigorosamente, concludendo: “Qui niente è facile: gesti,
sguardi, persone sono illuminati da un'altra prospettiva. Si chiama
discrezionalità, o potere.” E ancora: “Ma il vero
controllo, qui, la vera prova è quella sull'anima. E puoi avere
tutte le monetine che vuoi da togliere dalle tasche. Non serve a
nulla, quando entri in carcere.”
Del racconto LA PRIMA VOLTA CHE SONO
MORTO nulla vi dirò: è troppo efficace per passare tra parole
scritte da altri. Vi colpirà come un pugno allo stomaco, ma chiuderà
con la speranza.
Le ultime novelle tornano al tono
scanzonato degli inizi. Carine, ma non eclatanti, purtroppo lasciano
al lettore la sensazione di aver letto qualcosa di scadente, quando
in realtà sarebbe stata sufficiente una diversa successione dei
racconti, lasciando per ultimo LA PRIMA VOLTA CHE SONO MORTO. E' un consiglio che mi sento di dare al curatore della collana.
Consigliato a inveterati lettori di
racconti ben paradigmatici, a fantasisti delle carceri,a funamboli della parola.
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